La calibrazione del piano nella stampa 3D è altrettanto importante quanto lo sono, in edilizia, le fondamenta di una costruzione. Senza valide fondamenta, l’edificio non dovrebbe essere neppure costruito. Non si sfugge.
Planarità e orientamento del piano
La prima questione da approfondire, è la differenza tra la planarità intrinseca del piano e il suo orientamento nello spazio rispetto agli assi della stampante.
La maggior parte delle macchine dispone di un sistema di regolazione, che consente di inclinare il piano di stampa per fare in modo che coincida con il piano XY degli assi.

Livellamento del piano. Consiste nell’allineare il piano di stampa al piano XY degli assi della macchina.
Ammesso che il sistema funzioni correttamente, sia sufficientemente affidabile da garantire che la regolazione rimanga stabile almeno nel corso dell’intera stampa, resta un aspetto da appurare: il piano è realmente piano?
Personalmente provengo da un rigido retaggio di “aggiustaggio”, faticosamente appreso in età scolastica: piano di riscontro, blu di metilene, raschietto… Un interminabile e minuzioso lavoro per assicurare la planarità di una superficie. Pratiche che purtroppo nella stampa 3D non sono applicate. È difficile, molto difficile che un piano di stampa sia realmente piano.

Quasi sempre, la superficie di stampa non è realmente piana; presenta avvallamenti e rilievi.
E anche quando la superficie di stampa è in origine piana, è molto probabile che subisca deformazioni nel corso del suo utilizzo.
Generalmente, i piani di lavoro sono costruiti in alluminio laminato. Il ché già implica tolleranze di qualche decimo. Nei casi peggiori – macchine molto economiche – addirittura vengono usati materiali plastici (plexiglass e simili). Anche nei casi più fortunati, la presenza di un elemento riscaldante, nel quale la temperatura per una questione di naturale dissipazione risulta più elevata al centro, il piano si deforma col tempo, divenendo convesso. Questa “patologia” affligge in particolare piani più sottili (quelli più tipici), sino ad uno spessore di circa 10 mm.
Pochi materiali sono esenti dalla deformazione indotta dal calore; tra questi la ceramica, adottata ad esempio da 3D Gence. Con altri materiali, a meno che il piano non risulti appunto particolarmente spesso, questo fenomeno prima o poi si presenta puntuale. Alcuni produttori pongono particolare attenzione a questo problema: ad esempio, nel 2015 la Zortrax ha introdotto un nuovo piano di lavoro (V2), con uno spessore doppio rispetto a quello del piano precedente, che si era rivelato eccessivamente incline a sviluppare deformazioni.
Anche nel caso in cui (strano ma vero) sul piano sia fissata una lastra in vetro borosilicato, la superficie può assumere la caratteristica forma a schiena d’asino.
La curvatura del piano comporta un problema abbastanza rilevante. Anche con la migliore calibrazione possibile, durante la deposizione del primo strato la distanza dell’ugello non risulterà uniforme lungo tutta la superficie.
Nell’immagine, uno schema nel quale questo fenomeno viene rappresentato esagerato, per evidenziare il suo effetto: l’aumento del rischio di distacco del modello durante la stampa; la parte più esterna della superficie di appoggio del modello viene deposta ad una distanza maggiore dall’ugello, e il materiale arriva sul piano già freddo.

Le elevate temperature raggiunte tendono a deformare il piano, rendendolo convesso.
La deformazione del piano a causa del calore è proporzionale alle sue dimensioni (piani grandi si deformano maggiormente), e inversamente proporzionale allo spessore (piani sottili si deformano maggiormente). In presenza di una superficie deformata in modo importante, la calibrazione del piano di stampa è sostanzialmente impossibile.
Cosa accade se il piano è deformato o non livellato
Nel caso più semplice (piano non livellato), sarà sufficiente ripristinare il parallelismo; allineando il piano di stampa al piano XY degli assi della macchina, potremo ottenere delle “fondamenta” (primo strato) perfette.
Se al contrario il piano è deformato (mancata planarità), il problema è più complesso. Naturalmente, la distanza dell’ugello dal piano nella posizione Z-Home andrà regolata in base al punto più alto del piano. In caso contrario, in alcune zone l’ugello potrebbe sfiorare o addirittura graffiare la superficie, rompere una eventuale lastra in vetro, danneggiare l’ugello o la meccanica della macchina, etc.
Può tuttavia risultare complesso individuare il punto nel quale la superficie è più alta, e anche la regolazione dello Z-Home in base a questo punto non ci pone al riparo da problemi. Se la differenza di livello tra le varie zone supera i 2-3 decimi di millimetro, l’adesione del materiale nelle zone più avvallate sarà scarsa o insufficiente. Con successivo probabile distacco del modello, innescato anche da fenomeni di ritiro (warping) del materiale.
Che fare se il piano presenta marcati dislivelli nelle varie zone? Semplice. Cambiarlo. A meno che la macchina non preveda (raro) dei sistemi di regolazione capaci di intervenire in diverse aree in maniera differenziata. Ad esempio, le Raise3D N2 e N2 Plus, che vengono fornite calibrate dalla casa, prevedono comunque la possibilità di regolare ila planarità in ben 13 diversi punti. L’eventuale ripristino di una perfetta planarità può risultare complesso e richiedere tempo, ma quantomeno è possibile, e di norma i risultati sono duraturi.
I diversi sistemi di calibrazione del piano di stampa
Appurato che il piano presenti una accettabile planarità, resta il problema di livellarlo, in modo che risulti allineato al piano XY degli assi della macchina.
Nei sistemi ad asportazione di materiale, la procedura è drastica ma al contempo semplice: una volta collocata la macchina nella sua posizione definitiva, il piano viene generalmente fresato. Ovvero, “spianato” dalla macchina stessa.
Questo non è ovviamente possibile nel nostro caso. Possiamo però in qualche modo orientarlo, per fare in maniera che la distanza tra piano e ugello risulti uniforme lungo qualsiasi spostamento XY della macchina.
L'”orientamento” del piano di stampa può avvenire in vari modi.
Calibrazione del piano di stampa manuale
In questo caso, sotto al piano sono presenti 3 o 4 nottolini, che permettono di regolare l’altezza del piano nei punti corrispondenti. Sono preferibili i sistemi a 3 punti rispetto a quelli a 4 punti: tre punti definiscono un piano geometrico, e le interferenze reciproche sono molto contenute: la procedura risulta di conseguenza più semplice. La calibrazione può essere effettuata utilizzando uno spessore (di metallo o di carta), con il quale è possibile regolare una distanza uniforme tra piano ed ugello nella posizione Z-Home. E’ meno difficile di quanto sembri: l’importante è che lo spessore utilizzato “sfiori” piano ed ugello in corrispondenza della posizione dei nottolini di regolazione.
Generalmente, la corretta distanza viene mantenuta da molle: è molto importante, soprattutto per le macchine a piano mobile, che le molle siano sufficientemente robuste da resistere alle sollecitazioni: in caso contrario, la calibrazione verrà persa molto rapidamente, talvolta anche nel corso di una singola stampa, con risultati prevedibili.

Orientamento manuale in una stampante economica
Calibrazione del piano di stampa “assistita”
Alcune stampanti, ad esempio la Zortrax M200, prevedono sistemi in grado, attraverso il contatto fisico tra ugello e piano di stampa in diversi punti, di suggerire come regolare i nottolini di calibrazione per ottenere una buona calibrazione. Questo approccio rende più agevole l’operazione, rendendo superfluo l’utilizzo di spessori. Può richiedere tuttavia più sessioni di verifica da parte della macchina, per compensare le reciproche interferenze tra i vari punti di regolazione.

Orientamento del piano assistito nella Zortrax M200
Calibrazione del piano di stampa automatica, in modalità “geometrica”
E’ piuttosto raro imbattersi in stampanti che adottano questo approccio. Un esempio sono le Cubicon. Il piano viene “tastato” in vari punti attraverso un sensore di pressione connesso all’ugello. Una volta rilevata l’inclinazione necessaria per allinearlo agli assi della macchina, vengono azionati due servomotori che, in relazione ad un terzo punto fisso (pivot) fisicamente portano il piano ad un allineamento ottimale. E’ senza dubbio il sistema più pratico ed evoluto. La 310F è in grado di calibrare il piano a zero micron.
Calibrazione del piano di stampa attraverso un sensore
Recentemente sono apparsi diversi sensori (es. BL-Touch) in grado di rilevare, in un certo numero di punti, l’altezza del piano rispetto all’ugello in quella particolare posizione. Purtroppo, anche laddove i sensori risultano particolarmente precisi, questo metodo non risolve né i problemi di planarità (es. avvallamenti o rilievi), né quelli di livellamento. E’ facile intuire che se i dati venissero utilizzati per modificare in tempo reale l’andamento di una linea per farla risultare equidistante dal piano (con un offset costante), otterremmo una linea curva (e conseguenti superfici che dovrebbero essere piane curvate. Più frequentemente, il sensore viene utilizzato per appurare semplicemente qual’è il punto più alto della superficie. Si potrà in scongiurare il rischio che l’ugello graffi il piano, ma se i dislivelli superano i 2-3 decimi di millimetro, nuovamente ci troveremmo di fronte al rischio preannunciato in uno dei paragrafi precedenti: probabile distacco del modello per insufficiente aderenza al piano. Insomma, i sensori non sono magici: non rendono piana una superficie che presenta irregolarità di livello. Magari.
Conclusioni (spero non troppo amare)
Una superficie di lavoro realmente piana ed una valida (e stabile) calibrazione del piano di stampa sono essenziali per ottenere buoni risultati. Di qui non si scappa.
Qualsiasi eventuale sforzo prodigato per raggiungere queste condizioni viene ripagato da risultati migliori, riduzione delle deformazioni del modello e del rischio di distacco, migliore tolleranza dimensionale.
Sfortunatamente, le stampanti economiche sono più soggette a problematiche di calibrazione; in alcuni casi problematiche talmente rilevanti da compromettere la possibilità di effettuare stampe di medio-grandi dimensioni. Chi, per ragioni di budget dovesse orientarsi verso prodotti di basso costo, dovrebbe mettere in preventivo la necessità di effettuare frequenti regolazioni, o addirittura sostituire il piano di stampa con uno più robusto e stabile. Se un grande volume utile non è assolutamente indispensabile, meglio orientarsi verso macchine piccole, nelle quali le varie problematiche elencate incidono molto meno.
,