La stampante 3D Mendel Max 2.5 alle prese con un Triceratops Horridus

Pietro Meloni Artec, Scansione 3D, Stampa 3D

La stampa 3D, come tutte le tecnologie di produzione, presenta vantaggi e limiti.
E appunto, come tutte le tecnologie andrebbe utilizzata in quelle situazioni nelle quali può esprimere le sue peculiarità, ove altri sistemi (es. la prototipazione SRP) mostrano il fianco. In altre parole, i modelli da realizzare dovrebbero tener conto quanto più possibile delle caratteristiche e potenzialità degli strumenti che impieghiamo per produrli. Se per realizzare un ingranaggio di ottone o bronzo una fresatrice a controllo numerico si rivela ideale per qualità di finitura e tempi di esecuzione, per il modello preso in esame per questo articolo – un dinosauro – neanche una sofisticata CNC a sei assi se la caverebbe con disinvoltura.

Nel Triceratops Horridus le difficoltà per un approccio “con asportazione di truciolo” ci sono tutte: la pelle borchiata, numerosi sottosquadri, aree difficilmente raggiungibili da un utensile, per quanto piccolo… Tanto da rendere l’impresa pressoché impossibile. Al contrario, quelli che per una macchina CNC sono ostacoli insormontabili diventano per una stampante 3D valide occasioni per celare – rendendoli impercettibili –  i difetti tipici: minore precisione, scalettatura dovuta alla deposizione di strati, etc.

Il modello

Eccolo il nostro Triceratops. Un dinosauro erbivoro, uno degli ultimi ad apparire nel Cretaceo Superiore. Dotato di tre corna e una corona ossea semicircolare, era lungo 8-9 metri e pesava dalle sei alle 12 tonnellate. Il suo aspetto da “rinoceronte preistorico” è molto popolare, persino nei libri per bambini.

Triceratops_modello

 

Il modello 3D (bisogna dirlo, veramente bello) è stato ottenuto da una scansione, effettuata con uno scanner Artec. Come si vede dall’immagine, è molto dettagliato, e rappresenta l’animale in una posa dinamica. Soltanto una delle zampe è pienamente a contatto con il terreno: le altre sono parzialmente sollevate o sollevate. Quindi in pratica, soltanto due o tre centimetri quadrati non necessitano di supporti: tutto il resto del modello (testa, corpo, coda, zampe, e perfino le due lunghe corna) hanno bisogno di essere supportate durante la stampa.

Per fortuna, le versioni attuali del software CURA (lo slicer che ho utilizzato) permettono la creazione di efficaci supporti, relativamente facili da rimuovere, anche con lo stesso materiale usato per la realizzazione del modello. Proprio per sperimentare fino in fondo la funzionalità di questi supporti, ho deciso di realizzare il modello con una macchina dotata di un solo estrusore, anziché utilizzare una stampante a doppio estrusore e un materiale idrosolubile (PVA). Contemporaneamente, volevo provare con una stampa “challenging” le diverse modifiche apportate ad una Mendel Max 2.5, che ho finito di recente di assemblare.

La macchina

In assoluto, il kit che mi ha maggiormente divertito nel costruirlo è basato su una solida meccanica, realizzata con profilati in alluminio estruso serrati con dadi a T dotati di sfera elastica. Questa peculiarità permette di inserire e spostare i dadi anche quando le estremità delle estrusioni sono occluse, es. a macchina già montata, senza modificarne la geometria. Mendel Max 2.5 è da questo punto di vista (e non solo) la macchina ideale per sperimentare diversi sistemi di alimentazione del filamento, differenti estrusori, fine corsa, display, metodi di raffreddamento etc.  La sua costruzione, e le modifiche apportate per adattarla alle mie esigenze mi hanno permesso di capire a fondo la tecnologia FFF, e di progettare nuovi dispositivi per migliorare le prestazioni e la qualità di stampa.

I movimenti utilizzano una componentistica tipica delle stampanti di classe professionale (viti e cuscinetti IGUS e doppie guide lineari), e le prestazioni della sezione di alimentazione e del piano riscaldato, controllato da Relè assicurano tempi di riscaldamento ridottissimi, condizione ideale per eseguire stampe di prova.
Insomma, un Mendel 2.5 è un benchmark perfetto per sperimentare in lungo e in largo tutte le possibilità della stampa 3D a filamento, con un costo accessibile anche agli hobbisti.

Rispetto al kit originale, per questa stampa ho modificato il supporto della bobina (ora semplicemente poggiata su quattro cuscinetti, in modo che possano essere ospitate anche bobine grandi da 2,3 kg), il sistema di raffreddamento (affidato ad una ventola a turbina), gli endstop ottici (provvisti di cover), il display (provvisto di cover) e i cablaggi dei cavi dei motori.
Come estrusore ho usato un classico, economico Wade, che non tradisce mai neanche nel caso di stampe con tempi biblici. La macchina, grazie ad una ben strutturata piattaforma in alluminio, può montare tuttavia uno o due estrusori praticamente di qualsiasi tipo.

Mendel_side

 

Mendel_front

I parametri

La stampa è stata effettuata utilizzando CURA 14.3, con layer di 140 micron e una velocità di 120 mm/sec in deposizione e 350 mm/sec in traslazione. Il riempimento è al 25%, il materiale è (viste le velocità) PLA, estruso a 205°. Il piano di lavoro è stato riscaldato a 60°, e spruzzato con lacca per i capelli per una buona adesione.
Il modello è lungo 200 mm, largo 75 mm, alto 95 mm. e pesa (inclusi i supporti) 145 grammi. Ha impiegato 8,30 ore; in molte zone la velocità è stata rallentata da CURA, per dare modo agli strati di raffreddarsi prima di deporre altro materiale.

Triceratops_supporti Il Triceratopo appena finito di stampare, con il materiale di supporto.

Triceratops_finale

E la simpatica “bestiaccia” dopo aver rimosso sommariamente il materiale di supporto.

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