Purtroppo, la nostra bella lingua fa fatica a sintetizzare neologismi legati alle innovazioni tecnologiche, e ci dobbiamo accontentare di parole come Raft, Brim e Skirt per definire le varie modalità di con le quali inizia la deposizione di materiale nelle stampe 3D FDM.
Proviamo a tradurle, tanto per dare almeno una prima definizione terminologica. La parola Raft nell’Inglese comune indica una zattera: rende bene la geometria del Raft nella stampa 3D: ‘una struttura di base generalmente costituita da linee incrociate, saldate tra loro.
Brim potrebbe essere tradotto con la parola Falda e, anche in questo caso, rispecchia la forma dell’estensione orizzontale della sezione del primo strato, come le falde di un cappello.
Con lo Skirt abbiamo più difficoltà: in Inglese è la gonna, o l’orlo. Nessuna di queste due parole da l’immagine dell’elemento del quale stiamo parlando, un profilo di offset costituito da una o più linee, ad una certa distanza dalla parete della prima sezione del modello.
Allora, per evitare equivoci, meglio aiutarci con delle immagini.
Immaginiamo di dover stampare un piccolo tappo, come quello nell’illustrazione:
Nella immagine seguente, il modello viene stampato con un Raft:

Il modello, stampato con il Raft
Come si può vedere, il Raft è davvero una “zattera”, più ampia rispetto alla base del modello della dimensione specificata nei parametri. Il Raft è caratterizzato da un certo spessore, e costituito da diversi strati.
Nell’immagine successiva, il modello viene stampato con il Brim. Si tratta davvero di una “falda”, anche in questo caso più ampia della base di appoggio, e costituita da un singolo strato. L’ampiezza viene determinata specificando il numero di linee con le quali è formato.

Il modello è stampato con il Brim, costituito da 5 linee
In questa ultima immagine, lo Skirt. Si tratta di un offset delle pareti della base, a distanza specificata e costituito da un numero di linee definito nei parametri (in questo caso, una sola linea).

Modello stampato con Skirt
Ci siamo. Li abbiamo almeno illustrati tutti e tre. Ma ora, entriamo nel vivo dell’argomento. A che servono, quando utilizzarli, come rimuoverli. Ma prima di addentrarci nell’opportunità di usare uno dei tre metodi, sottolineiamo anche che – ove le circostanze lo consentono, si può anche stampare direttamente il modello senza alcuna “aggiunta”. Ovviamente, da un punto di vista di tempo e risparmio di materiale questa sarebbe la soluzione migliore, ma debbono sussistere precisi requisiti poiché possa venire applicato questo metodo:
- la base di appoggio deve essere sufficientemente ampia
- il materiale utilizzato deve soffrire solo limitatamente di fenomeni di deformazione (altrimenti si staccherà)
- non debbono essere presenti supporti da terra con una base d’appoggio di superficie modesta (si staccherebbero anche quelli)
Allora, visto che queste circostanze ricorrono di rado, rientriamo in tema, ed analizziamo i tre metodi dai quali eravamo partiti.
Raft
E’ la struttura di base più resistente tra le tre. Lo scopo è quello di far aderire il modello al piano di lavoro nel miglior modo possibile. E non soltanto. A causa della sua geometria, costituita generalmente da uno o più strati longitudinali ad una certa distanza, uno o più strati trasversali (sempre ad una certa distanza), e da uno o più piani stampati con un passo più fitto, contribuisce a scaricare le forze di deformazione lungo queste maglie, e quindi attenua il fenomeno del warping. Il Raft è in sostanza “l’ultima spiaggia”, l’estremo tentativo di far aderire il modello al piano durante tutta la stampa.
Il Raft viene generalmente deposto a velocità molto più basse degli strati successivi (quelli che compongono il modello), con un flowrate maggiore e in qualche caso a temperatura più alta. Questo migliora la sua adesione al piano.
Gli ultimi livelli del Raft (generalmente due) hanno un passo molto più fitto, che produce una superficie con quasi simile a quello di un vero e proprio piano. “Quasi” simile, poiché tra una passata e l’altra c’è una piccola distanza, che migliora la successiva possibilità di staccare il modello.
Il Raft è praticamente indispensabile se sono presenti supporti “da terra”. La struttura dei supporti è per definizione esile e fragile. Hanno bisogno di una solida base per resistere il tempo necessario senza cadere prima che le superfici da supportare siano state create.
Il lato negativo del Raft è evidente: richiede materiale aggiuntivo, che verrà scartato (per la verità, non molto), e soprattutto tempo. Data la bassa velocità con la quale viene deposto, nel caso di stampe grandi (es. 25×25 cm), può richiedere anche alcune ore. Richiede inoltre un tempo di postprocessing supplementare, sia per la sua rimozione, sia per la rifinitura della base successiva.
Come si toglie il Raft
Nei casi più fortunati, basta strapparlo “come una pellicola”. Teniamo conto che la maggior parte degli slicer consente di definire la distanza del modello dal Raft, e la densità della sua superficie di appoggio. Manipolando questi due parametri si può ottenere un’adesione maggiore o minore del modello, e quindi rivolta a garantire una maggiore tenuta o a semplificare la rimozione. Nei casi nei quali l’adesione al modello sia elevata, ci si può aiutare con una spatola, possibilmente indossando guanti protettivi per evitare possibili lesioni.
Una volta staccato il Raft, la superficie inferiore del modello risulta “sbiancata”, a causa delle microfratture che il materiale ha subito. Meglio non carteggiarla; si peggiorerebbe la situazione. Per riportare la base al colore originale, ci si può aiutare con una pistola ad aria calda, o meglio con il validissimo Versatip, un utensile ad aria calda reperibile presso negozi “Fai da te” e ferramenta.
Questo apparecchio è dotato di diversi puntali (utilizzabili per differenti operazioni di finitura), e di un ugello che permette di erogare aria calda, adatto per questo scopo. Sarà sufficiente dirigere l’aria calda per pochi secondi sulla superficie di base per eliminare completamente il cambiamento di colore.
Brim
Il Brim coniuga l’intento di migliorare l’adesione del modello alla base, e quella di limitare il tempo di stampa allo stretto necessario. Personalmente, la considero un ottimo compromesso. E’ adatto in situazioni non “estreme” (per le quali è più adeguato il Raft), e quando non sono presenti supporti da terra, a meno che non ricadano nel suo “raggio di azione”. Viene definito come numero di linee aggiuntive rispetto al profilo esterno della prima sezione del modello.
Nell’impiegare il Brim, va considerato che in molti slicer (e naturalmente se la macchina ha un solo estrusore) può essere effettuato soltanto con lo stesso materiale di costruzione. Questo può renderne la rimozione più complicata, poiché in effetti è totalmente saldato alla base.
Rimozione del Brim
Si può eliminare questa “tesa” a mano, strappandola, ma di solito non si ottiene un risultato del tutto pulito. Si rischia che in alcune zone il Brim non si stacchi del tutto, e in altre invece si strappi parte della base del modello. Il modo migliore è utilizzare uno sbavatore, facilmente reperibile in utensilerie ben fornite o su eShop.
Lo sbavatore va usato delicatamente sugli spigoli sui quali è presente il Brim, nei due sensi per ottenere angoli perfetti e leggermente smussati.
Skirt
Questo terzo metodo per iniziare la stampa non ha la finalità di aumentare l’adesione al piano, ma semplicemente quella di rendere omogeneo il flusso di materiale prima di iniziare la stampa vera e propria. Non presenta quindi alcun problema di rimozione, in quanto non è fissato al modello. Dal piano di lavoro può essere rimosso con una semplice spatola in pochi secondi.
Le possibilità di impiegare i metodi descritti, e soprattutto quelle di controllarne i parametri variano da slicer a slicer. In alcuni casi (es. IdeaMaker), i metodi possono essere utilizzati contemporaneamente (es. Skirt + Brim + Raft, Brim + Raft, Skirt + Raft etc.) consentendo un maggiore controllo.